“Il Paradosso del Lampione”
Sotto un lampione c’è un ubriaco che sta cercando qualcosa.
Si avvicina un poliziotto e gli chiede che cosa abbia perduto.
“La mia chiave,” risponde l’uomo, ed entrambi si mettono a cercarla..
Dopo aver guardato a lungo, il poliziotto chiede all’uomo ubriaco se è proprio sicuro di averla persa lì.
L’altro risponde:
“No, non l’ho persa qui, ma là dietro. Solo che là è troppo buio.” (Watzlawick – da “Istruzioni per rendersi infelici”.)
Questa vecchia barzelletta è illuminante: perché affrontare un problema cercando di adottare soluzioni inedite quando è più facile ricorrere a modelli già collaudati? Perché affidarsi a nuove soluzioni è impegnativo e la nostra mente adotta il principio edonistico, secondo cui gli uomini agiscono spinti esclusivamente dal desiderio di raggiungere la massima soddisfazione dei propri bisogni con i mezzi disponibili o di ottenere una data soddisfazione con il minimo sacrificio possibile. E’ così che si può rimanere incastrati anche per anni nelle trame di problemi irrisolti.
Se una persona si sente frustrata a causa di problemi sociali (timidezza, insicurezza nei rapporti con gli altri, ecc.), di lavoro o sentimentali, potrebbe cercare di trovare conforto adottando magari comportamenti alimentari che la gratifichino, così scoprirà ben presto che ogni volta che mangia un cioccolatino l’ansia viene anestetizzata, grazie anche all’azione della dopamina che è un neurotrasmettitore che genera un senso di soddisfazione e appagamento. Nel tempo, il legame nevrotico tra senso di frustrazione e appagamento tramite alimenti dolci o molto nutrienti si stabilizza, per cui ogni volta che si ha la percezione di un fallimento sociale o sentimentale basta ricorrere a una buona dose di “cibo spazzatura”.
A tutto ciò va aggiunto che il comportamento nevrotico strutturato da molto tempo in quella persona, anche se responsabile di aver generato sofferenza, le ha tuttavia consentito di sopravvivere fino a quel momento. Il legame tra le istanze inconsce “frustrazione e appagamento” è particolarmente saldo e, se non fosse per gli svantaggi che causa a livello sociale e di salute, determinando sovrappeso e obesità, potrebbe essere indissolubile. Questa è una buona ragione per resistere al cambiamento.
È per cercare di bypassare le resistenze al trattamento che il mio approccio si avvale dell’ipnosi.
L’ipnosi è lo strumento per accedere all’inconscio, condizione necessaria per rendere enormemente più efficace la psicoterapia e generare il cambiamento.
L’accesso all’inconscio non dà la possibilità alla coscienza di interferire con l’azione terapeutica né di porre limiti al rapporto esclusivo tra la mente dell’ipnotista e quella del paziente. La mente inconscia infatti a differenza di quella cosciente non ha i limiti dei modelli appartenenti alla vita conscia né capacità critica che possa mettere in discussione i contenuti della comunicazione ipnotica. L’inconscio accetta ogni proposizione immaginativa come se la vivesse realmente, come l’espressione della sequenza di un sogno. L’inconscio è libero di accettare qualsiasi tipo di suggerimento senza sottostare ai vincoli e alle logiche del linguaggio razionale. Il momento della trance può essere definito come uno spazio nel quale è possibile “volare”.