Che cos’è che determina la stabilizzazione di un problema del comportamento? Perché è così difficile per uno psicoterapeuta rimuovere un atteggiamento nevrotico che ostacola la libertà di un paziente? Perché quasi sempre è insufficiente prendere coscienza dell’origine del problema per riuscire ad eliminarlo completamente?
Nelle mie ricerche sul comportamento nevrotico e sulla resistenza al cambiamento ho riscontrato che la psicoterapia fallisce quando si basa su osservazioni e presupposti sbagliati, come la convinzione che si debba tener conto minuziosamente di tutto quello che riferisce il paziente. Così si prendono appunti, si esplora la storia familiare del paziente cercando di arrivare al momento dell’insorgenza, dallo stesso riferita, della prima manifestazione del problema. Arrivati a quello che sembra il momento topico, si incomincia a sviscerare la descrizione contestuale del momento con tanto di analisi dei rapporti familiari, sociali, emozionali ecc.
In quei momenti il paziente comincia a parlare in nome e per conto della sua nevrosi, che sembra gongolare come quando a un serial killer reo confesso si chiede di raccontare il dettaglio dei suoi delitti… la nevrosi salta sul piano della scrivania dello psicoterapeuta e comincia a declamare tutte le storie possibili per cercare di depistare il povero professionista da tutto ciò che possa essere utile alla risoluzione del problema… e spesso ci riesce benissimo!
Che cosa accade in quel momento? La nevrosi sta utilizzando la sua arma migliore: l’affabulazione. Lo fa per difendere se stessa ed affermarsi contro la minaccia di un tentativo di destabilizzazione.
In questo modo riesce a neutralizzare tutti quei professionisti che pazientemente raccolgono gli inutili racconti di una mente che, nel tempo, ha imparato sempre nuove strategie per resistere al cambiamento. Sto parlando dei pazienti resistenti, quelli che hanno girovagato a lungo da uno psicoterapeuta ad un altro, senza mai concludere nulla di veramente utile.
Conosco molto bene questo genere di pazienti. Sono quelli che, dopo aver sconfitto sul campo uno specialista dopo un altro, si rivolgono al sottoscritto perché sperano che l’ipnoterapia possa fare il “miracolo” restituendoli ad una vita normale.
Le implicazioni di questa motivazione sono abbastanza inquietanti. Presuppongono la ricerca di un approccio sempre evitato in quanto ancora ammantato di forti pregiudizi, che nell’immaginario collettivo ha ancora un leggero odore di zolfo… Tuttavia, prima di ricorrere alla cartomante, al santone o all’esorcista, si decide di provare l’ipnoterapia!
Vedremo poi come affrontare, partendo da questa difficile premessa, il paziente resistente, utilizzando un approccio che si avvale dell’ipnosi come strumento.
Non va dimenticato che per essere efficace l’ipnosi deve avvenire in un contesto comunicativo fortemente strutturato, dove “fiducia, rapport e sintonia” ne costituiscano le basi operative.
(Renato Solinas)