Un attacco di panico è definito come un periodo preciso di intensa paura o disagio che si sviluppa all’improvviso e raggiunge il picco nel giro di dieci minuti, accompagnato da almeno 4 dei seguenti sintomi somatici e cognitivi:
dispnea, palpitazioni, tremori, sudorazione, sensazione di asfissia, nausea e disturbi addominali, depersonalizzazione, parestesie (ovvero formicolio), dolore al petto, vampate di calore o brividi, paura di morire, paura di impazzire o di perdere il controllo (Lyddon, Jones, 2002).
Occorre sapere che l’attacco di panico in sé non è patologico ma è una semplice reazione allo stress.
Il problema nasce quando la persona teme che l’attacco di panico possa ritornare.
In questo senso curare gli attacchi di panico non ha alcun senso!
Non bisogna curare gli attacchi di panico, ma il disturbo di panico (DP), ossia il circolo vizioso della “paura della paura”.
Bisogna anche dire che la frequenza degli attacchi di panico tra le persone con DP varia molto, oscillando da molti episodi al giorno a pochi all’anno.
Gli attacchi di panico si verificano quando le persone percepiscono alcuni sintomi fisici o sensazioni corporee come molto più pericolose di quanto non siano in realtà e di conseguenza le interpretano come segnali di un’imminente e improvvisa catastrofe (Clark, 1986). Ovvero, la classica paura della paura.
Ad esempio la persona può avere un attacco di panico se interpreta erroneamente qualche palpitazione come il segnale di un infarto imminente, o una sensazione di nervosismo come il sintomo iniziale della perdita di controllo o della pazzia.
Il circolo vizioso che alla fine culmina in un attacco di panico, si sviluppa quando uno stimolo percepito come minaccioso crea uno stato di forte preoccupazione; se poi la persona interpreta in modo catastrofico le sensazioni somatiche (fisiche) che lo accompagnano, sperimenterà un ulteriore incremento della preoccupazione, e così aumenteranno le sensazioni somatiche e così via fino all’esplosione di un vero e proprio attacco di panico.
Quindi, di solito, se le cause scatenanti il DP possono essere diverse, multiple e personali, il copione attraverso cui si mantiene tale patologia è spesso un circolo vizioso molto simile in tutti i casi e quindi simili saranno le “tecniche” e le “strategie” atte a rompere questo vero e proprio circolo vizioso della paura della paura in tutte le persone che presentano tale disturbo.
L’IPNOSI ERICKSONIANA NELLA CURA DELL’ATTACCO DI PANICO
Il compito del terapeuta che utilizza l’ipnosi ericksoniana è quello di facilitare la mobilizzazione di risorse interne di cui il paziente è già portatore inconsapevole, a livello della mente inconscia, e che il particolare clima comunicazionale ipnotico rende solo più accessibili, eludendo le convinzioni limitanti della mente cosciente.
Attraverso l’impiego dell’ ipnosi ericksoniana i tipici schemi associativi coscienti possono essere temporaneamente sospesi o “messi in parentesi” per un certo periodo attivando tutta un serie di risorse inconsce (immagine, credenze, pensieri) che il paziente non pensa nemmeno di possedere. Il circolo vizioso della sintomatologia del panico è infatti associabile a un’ alterazione dello stato di coscienza che avviene spontaneamente ed improvvisamente senza che il soggetto se ne renda conto, un fenomeno di dissociazione spontanea ed automatica.
Quello che accade alla persona che sperimenta il panico è un vero e proprio processo di auto-ipnosi spontanea dove si sviluppano alterazioni dello stato di coscienza come ad esempio le distorsioni spazio-temporali, il dialogo interno catastrofico-rimuginativo, le vivide immagini mentali, l’ipersensibilità somatica e l’ansia anticipatoria.
Attraverso la dissociazione ipnotica, come descritta nella teoria neodissociativa di Hilgard (1977) è possibile per lo psicoterapeuta che utilizza l’ipnosi sfruttare una caratteristica comune a tutti gli individui, e vistosamente marcata nella persona che sperimenta il panico, per promuovere un cambiamento nella sintomatologia espressa dal paziente.
Il terapeuta che utilizza l’ipnosi non suggerisce soluzioni dettate dal proprio bagaglio di credenze personali, o dalle indicazioni prefissate e standardizzate del modello teorico della mente abbracciato dal terapeuta stesso ma, attraverso l’utilizzazione delle regole individuali e personali del suo interlocutore lo può guidare al di fuori della situazione problematica che sta vivendo.
La terapia mediante l’ipnosi è quindi un processo mediante il quale aiutare le persone a utilizzare le proprie associazione mentali, ricordi e potenzialità vitali per raggiungere il proprio scopo terapeutico.
Dott. Renato Solinas