E’ fondamentale comprendere che i pazienti hanno del problemi a causa del limiti appresi; sono prigionieri di gabbie mentali, strutture di riferimento e sistemi di credenze che non permettono loro di conoscere e utilizzare le proprie capacità con il massimo vantaggio.
La trance ipnotica è un momento in cui i pazienti sono in grado di rompere le loro limitate strutture e sistemi di credenze, in modo da poter sperimentare altri modelli di funzionamento in se stessi, avendo accesso alle loro potenzialità. Durante la transazione terapeutica viene generato, infatti, un nuovo mondo fenomenico, nel quale vengono temporaneamente aboliti gli automatismi di cui si serve la struttura cosciente e che permettono solo un limitatissimo accesso alle potenzialità di cui invece è ricco l’inconscio. La liberazione delle potenzialità inconsce investe non soltanto le dinamiche psichiche ma coinvolge l’intero sistema psicosomatico, generando risposte nell’apparato neuro psico endocrino.
La proposizione di liberare i pazienti dai limiti appresi e dagli schemi mentali che ne fanno dei ‘prigioni’ è sorprendentemente simile ai principi su cui si fondano alcuni aspetti fondamentali della filosofia “zen”.
I “Koan” dello zen definibili come delle estremizzazioni di metafore hanno lo scopo di produrre, attraverso il loro linguaggio paradossale, il cambiamento dell’adepto nel senso della “illuminazione” mistica. La trasformazione si compie, in questo caso, quando l’adepto avrà compreso il messaggio “criptico” del koan, quando cioè avrà infranto gli schemi del ragionamento razionale che lo inducono ad affannose ricerche nelle categorie logiche e si sarà liberato dalle trappole delle “mappe percettive”. L’essenza dello zen è quindi la soppressione della percezione del pensiero logico, verbale, dualistico: per ottenere “l’illuminazione” occorre trascendere il dualismo, intendendo per dualismo la divisione concettuale del mondo in categorie.
La percezione umana è per sua natura un fenomeno dualistico, il che rende quanto meno ardua la ricerca dell’illuminazione.
Al centro del dualismo, secondo lo zen, ci sono le parole: semplicemente le parole. L’uso delle parole è intrinsecamente dualistico, dal momento che ogni parola rappresenta, ovviamente, una categoria concettuale.
Quindi un aspetto particolarmente importante dello zen è la lotta contro la fiducia nelle parole, tuttavia, il nemico dell’illuminazione non è propriamente rappresentato dalla logica; è piuttosto il pensiero dualistico, verbale.
Di fatto è qualcosa di ancor più profondo: è la percezione. Nel momento in cui si percepisce un oggetto, si traccia una linea fra esso e il resto del mondo, si suddivide artificialmente il mondo in parti e quindi si esce dalla “Via”.
Lo sviluppo cognitivo dell’uomo implica una continua costruzione ed elaborazione di modelli che non operano direttamente sul mondo, ma attraverso interpretazioni codificate dell’ambiente. L’ambiente viene interfacciato dal nostri “sistemi rappresentazionali” sensoriali attraverso la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto e le sensazioni cenestesiche.
Le informazioni provenienti dall’ambiente sono quindi elaborate per mezzo di strategie apprese e formanti catene di “engrammi” che determinano diversità di percezione e stili di comportamento.
“Come dice Aldous Huxley nel suo ‘LE PORTE DELLA PERCEZIONE’, quando si impara una lingua si eredita la saggezza di tutti coloro che hanno vissuto prima di noi.
Ma in questo senso siamo anche vittime, perchè dell’insieme infinito di esperienze che avremo potuto vivere, solo ad alcune è stato dato un nome, solo alcune sono state etichettate con una parola, e in questo modo acquistano rilievo e attraggono la nostra attenzione. Esperienze sensoriali altrettanto valide, e magari ancor più spettacolari e utili, ma che non sono state etichettate, di solito non si intromettono nel campo della coscienza.” “Occorre rammentare che l’intero mondo delle rappresentazioni, nella sua totalità (la mappa o modello), non è affatto destinato a essere un’immagine della realtà — scopo che gli sarebbe impossibile adempiere — ma è piuttosto uno strumento per meglio orientarsi nella realtà stessa.” (Bandler e Grinder – 1980)
Non esistono due esseri umani che abbiano le stesse esperienze, quindi ciascuno di noi può crearsi un diverso modello del mondo che condividiamo e giungere cosi a vivere una realtà alquanto diversa.
“Occorre notare alcune importanti caratteristiche delle mappe. La mappa non ê il territorio che rappresenta, ma, se è esatta, ha una struttura simile a quella del territorio, che ne spiega l’utilità”. (Bandler e Grinder – 1980)
Quindi attraverso le manovre ipnotiche è possibile determinare nei pazienti un depotenziamento del rigidi schemi di riferimento coscienti, per permettere loro di essere più ricettivi nel confronti delle loro esperienze interiori e delle loro potenzialitá inespresse.
M.H. Erickson affermava: “E’ molto importante che le persone sappiano che il loro inconscio è molto più intelligente di loro. Nell’inconscio c’è una maggiore ricchezza di materiale accumulato… ‘‘